15/05/21
Tempi straordinari, misure straordinarie
Con una mossa senza precedenti (e piuttosto inaspettata), il 5 maggio 2021 il governo degli Stati Uniti ha ufficializzato di essere favorevole alla sospensione dei brevetti sui vaccini contro il Coronavirus, in modo tale da aumentare la disponibilità globale e ridurre i costi. La decisione è stata annunciata dalla rappresentante al commercio per gli Stati Uniti, Katherine Tai – che in un comunicato ha spiegato come «tempi straordinari» richiedano «misure straordinarie» – ma questo è solo il primo passo di un processo che si annuncia molto lungo e tutt’altro che scontato.
La posizione degli Stati Uniti dovrà ora superare lo scetticismo degli altri membri della World Trade Organization (l’Organizzazione Mondiale per il Commercio, WTO) e anche dell’Unione Europea, che in passato si era espressa contro la possibilità di intervenire sulla proprietà intellettuale. Dalla sua, Joe Biden può contare sul sostegno di circa 60 Paesi guidati da India e Sudafrica, che negli ultimi 6 mesi hanno lottato in sede internazionale per la sospensione dei brevetti. Negli ultimi giorni la proposta ha ricevuto il sostegno in ordine sparso anche di Francia, Italia e Spagna.
Tra i principali oppositori c’è la Germania di Angela Merkel, che tramite un suo portavoce, ha fatto sapere che «tra i fattori che limitano la produzione dei vaccini ci sono le capacità produttive in generale e la necessità di farlo con alti standard, non i brevetti» e che proprio la tutela della proprietà intellettuale è «una fonte di innovazione che deve essere preservata per il futuro». Le preoccupazioni espresse dalla cancelleria tedesca riassumono alcune tra le principali obiezioni della fazione che oggi si oppone alla strategia di Biden e contribuiranno a rendere particolarmente complessi i negoziati tra i 164 Paesi della WTO.
Dalla battaglia sui brevetti per i vaccini anti-Covid potrebbe passare il successo delle campagne vaccinali nei Paesi più poveri del mondo, ma la partita riguarda il futuro stesso della proprietà intellettuale, che potrebbe uscire profondamente trasformata dagli effetti della pandemia.
Non sappiamo ancora come andrà a finire, ma come ogni settimana Prisma è qui per raccontarvi il contesto in cui questa delicata decisione potrebbe maturare, dandovi conto delle ragioni di tutte le parti in causa.
​
Nel caso fossi di fretta
-
Chi spinge per sospendere i brevetti sui vaccini contro il Coronavirus fa leva sulla scarsa accessibilità di questo bene, che mette a rischio il successo della campagna vaccinale nelle aree più povere del mondo. Questo gap potrebbe essere colmato aumentando i centri di produzione e abbattendo di conseguenza i costi necessari a reperire i vaccini sul mercato
​
-
Gran parte delle spese per la sperimentazione e lo sviluppo dei vaccini sono state coperte da finanziamenti pubblici. In questo senso, gli Stati potrebbero facilmente reclamare la sospensione della proprietà intellettuale
​
-
La principale obiezione di chi si oppone alla proposta di Biden risiede nella possibilità che questa mossa si riveli inutile. Il problema della distribuzione inefficace potrebbe infatti non risiedere nel costo dei farmaci, ma nelle scarse capacità produttive e liberalizzare i vaccini potrebbe rivelarsi inutile senza strutture adatte e alti standard in tutto il mondo
​
-
C’è infine una preoccupazione riguardante il futuro: se oggi sospendessimo i brevetti, le case farmaceutiche potrebbero non avere stimoli a produrre futuri vaccini per un’altra eventuale emergenza sanitaria.
Silvio Garattini (presidente Istituto Mario Negri):
«Il brevetto nella società in cui viviamo attualmente è un riconoscimento della proprietà intellettuale e quindi è un riconoscimento per chi ha fatto delle scoperte, anche se nel campo dei farmaci c’è un abuso di brevetti. Qui non parliamo dell’abolizione del brevetto, qui parliamo del fatto che di fronte a milioni di morti e a una tragedia mondiale, si può ricorrere a quelle che si chiamano “licenze obbligatorie”, che possono essere pagate in termini di royalties dai Paesi che possono permetterselo, ma non dai Paesi a basso reddito. Non è una catastrofe, non è qualcosa di così incredibile».
Pasquale Frega (Presidente e amministratore delegato Novartis Italia):
«La sospensione temporanea dei brevetti dei vaccini anti-Covid non ha degli aspetti positivi ma solo degli aspetti negativi, perché non consentirebbe un aumento significativo della produzione: il fattore che oggi limita non sono tanto i brevetti, ma è la disponibilità della tecnologia e di tutti i componenti per produrre i vaccini. Essendo un processo molto complesso va assolutamente gestito da chi ha competenza e da chi ha storia nel mondo dei vaccini e quindi immaginare che vengano prodotti dappertutto non è assolutamente possibile».
La nostra intervista
Per comprendere meglio i termini della contesa, abbiamo chiesto ancora una volta l’aiuto di Sonia Morelli, giornalista freelance e divulgatrice scientifica, a cui abbiamo chiesto di spiegarci il senso dei brevetti farmaceutici.
Sospendere i brevetti: perché sì
La principale motivazione di chi ha sposato la linea della sospensione dei brevetti ha naturalmente a che fare con l’esigenza di una maggiore accessibilità dei vaccini contro il Coronavirus, la cui distribuzione rimane al momento molto poco omogenea.
Mentre scriviamo, Israele ha già vaccinato il 63% della popolazione, il Regno Unito ha da poco superato la boa di metà campagna vaccinale e gli Stati Uniti lo faranno a breve, con almeno una dose somministrata al 45,7% della popolazione. All’estremo opposto troviamo tuttavia percentuali molto più basse e preoccupano particolarmente quelle dell’India (9,9%) e dell’intero continente asiatico, che viaggia al momento sotto la soglia del 5%. La situazione in Africa è drammatica, dove meno dell’1% della popolazione ha avuto accesso a una dose del vaccino contro il Coronavirus.
In quest’ottica, l’idea di sospendere i brevetti nasce con l’intenzione di rimuovere eventuali colli di bottiglia dovuti alla protezione della proprietà intellettuale e aumentare la produzione e la distribuzione in tutto il mondo. Attualmente non possiamo sapere se questa strategia sarà effettivamente funzionale – c’è la possibilità, come vedremo, che l’iniquità nella distribuzione sia causata dalla disponibilità della tecnologia necessaria a produrre i vaccini – ma com’è spesso accaduto nel corso della pandemia sarà probabilmente necessario procedere per tentativi.
Il secondo argomento di chi si batte per sospendere i brevetti è collegato al percorso che ha portato le case farmaceutiche a sviluppare e produrre i vaccini. Come ha ricordato Emergency in una lettera aperta destinata al governo italiano, tutte le aziende produttrici hanno infatti beneficiato di ingenti finanziamenti pubblici, per realizzare infine un prodotto sul quale detengono «pieno controllo su produzione, prezzo e distribuzione».
A spartirsi la torta dei finanziamenti pubblici sono state fin qui Moderna, Pfizer/BioNtech, Johnson & Johnson, Novovax e Oxford/AstraZeneca, che hanno raccolto in tutto circa 100 miliardi di dollari, di cui 20 solo dall’Europa. Come ha raccontato a metà aprile il Guardian, il 97% della ricerca sul vaccino di AstraZeneca è stata sovvenzionata pubblicamente e i ricavi saranno invece divisi tra i suoi azionisti. Gli Stati potrebbero insomma reclamare a buon diritto la sospensione della proprietà intellettuale, segnando uno storico cambio di marcia nei rapporti tra pubblico e privato farmaceutico.
Quella della sospensione totale dei brevetti è naturalmente solo una delle ipotesi sul tavolo, ma i Paesi della World Trade Organization potrebbero incontrarsi a metà strada, in uno scenario tutt’altro che inedito. Come ha spiegato un recente articolo pubblicato sul sito lavoce.info, tra le ipotesi percorribili ci sarebbe quella di permettere la produzione del farmaco (limitatamente al mercato domestico) dietro il pagamento di royalties destinate al detentore del brevetto. È un’opzione, questa, già utilizzata per la produzione del Sofosbuvir (farmaco per la cura dell’epatite C) e che avrebbe il vantaggio di preservare la proprietà intellettuale pur abbassando i costi.
Sospendere i brevetti: perché no
Come abbiamo anticipato nei paragrafi precedenti, una delle principali criticità della strategia annunciata dall’amministrazione Biden risiede nella sua incertezza. Se i dati riguardanti la distribuzione sono evidentemente allarmanti, meno oggettive sono le motivazioni dietro queste disuguaglianze.
Come racconta un dettagliato articolo di The Conversation, il nodo principale risiede nel cosiddetto “collo di bottiglia”, ovvero nell’individuazione della strozzatura che non permette al processo di vaccinazione di scorrere come dovrebbe. I vaccini hanno un costo, è vero, e per questo motivo le case farmaceutiche realizzano profitti non indifferenti. Ma siamo sicuri che eliminando i brevetti la situazione migliorerà?
Secondo The Conversation non proprio, dal momento che la produzione di vaccini a mRNA come quelli di Pfizer e Moderna (ma anche degli altri, in misura minore) presenta difficoltà quasi insuperabili per i Paesi meno attrezzati, soprattutto di carattere tecnologico. A testimoniarlo c’è la decisione di Moderna, che ha rinunciato alla proprietà intellettuale già a ottobre 2020, senza che nessuna casa farmaceutica sia per il momento stata in grado di attrezzarsi per la produzione.
Affinché la liberalizzazione dei brevetti abbia senso, è necessario investire sul know-how e sulle tecnologie, ovvero nelle competenze e nei mezzi fisici utili alla produzione, altrimenti tutto si ridurrà a un gesto meramente simbolico. Il collo di bottiglia, insomma, non sarebbe nell’acquisizione ma nella capacità produttiva – come testimoniano le difficoltà incontrate dai pochi stabilimenti attualmente dedicati alla produzione di vaccini in Italia.
L’altra obiezione sollevata da chi si scaglia contro l’idea di sospendere i brevetti è di più ampio respiro e riguarda il modo in cui gestiremo le emergenze nel prossimo futuro. Questa è anche la preoccupazione principale espressa dalla Germania, che commentando l’annuncio di Biden ha parlato della necessità di preservare la “spinta innovativa”.
Vale la pena ricordare, in questo senso, che le nostre società hanno sviluppato sistemi di protezione della proprietà intellettuale per preservare la spinta all’innovazione, tollerando l’esistenza di piccoli monopoli per un bene superiore: il progresso. Sospendere i brevetti sui vaccini potrà sembrare un’idea innocua, persino la più saggia nel breve periodo, ma cosa accadrebbe se dovesse ripetersi un’emergenza sanitaria? Le aziende farmaceutiche metteranno ancora a disposizione investimenti, conoscenze e mezzi di produzione, sapendo che la proprietà delle loro invenzioni non sarà tutelata?
In conclusione
La sfida posta dalla pandemia ha accelerato numerosi processi, contribuendo a modificare profondamente il volto delle nostre società. Il recente dibattito sulla liberalizzazione dei brevetti sui vaccini anti-Covid si inserisce in questo filone e potrebbe ridefinire per sempre il modo con cui affronteremo le emergenze.
Chi si batte per la sospensione dei brevetti sottolinea un dato evidente, quello che vede una distribuzione dei vaccini profondamente iniqua, un gap che potrebbe essere colmato abbassando i costi necessari a reperire i vaccini sul mercato. In più, sostengono i fautori della proposta, le case farmaceutiche hanno beneficiato di ingenti finanziamenti pubblici che giustificherebbero la mossa.
Chi si oppone alla liberalizzazione crede invece che la scarsa diffusione dei vaccini nei Paesi più poveri del mondo non dipenda tanto dal loro costo, quanto dalla difficoltà tecnica della produzione. Non solo sospendere i brevetti sarebbe un gesto inutile, ma rischierebbe di compromettere la lotta a eventuali future emergenze.